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Il fascismo si era impossessato, anche con la forza, della vita dei Cheraschesi, ma non del cuore della maggioranza della popolazione. Ancora nel 1933, da Cuneo, si pretese che il Podestà di Cherasco svolgesse un’indagine per verificare la “fascistizzazione” degli enti funzionanti nella città.
E i più cedettero solo di fronte alle minacce e alle violenze ripetute. Così risultò che nell’amministrazione delle Opere Pie ci fossero due persone (Francesco Raselli e Eugenio Pelizza) ancora non iscritti al partito, che al Monte di Pietà, Opera Pia Oberto, la maggioranza dei membri non fosse “ufficialmente” fascista (Pantaleo Tortoroglio, Francesco Donato, Giuseppe Ferrua, Antonio Cravero e Luigi Icheri), come anche nel direttivo del Ritiro Figlie Maestre di Cherasco, dove c’era ancora tale Felice Brogni che rifiutava (!) la tessera.
Nel 1935 i venti di guerra e di devastazione cominciarono a soffiare in tutta Italia e anche a Cherasco, ancora sanguinante per le ferite riportate dal primo conflitto mondiale, la vita cambiò quasi all’improvviso, con la ripresa costante e metodica delle esercitazioni dell’esercito. Dispacci militari ripresero a diventare l’ordine del giorno.
Ci si preparava, con gli echi dell’altra guerra ancora nella testa e il pensiero a quello che di lì a poco sarebbe capitato. Anche partecipando alle campagne di colonizzazione tanto care al fascismo. Molti Cheraschesi che andarono a combattere in Africa tornarono poco entusiasti di quello che avevano visto.
Lo stretto rapporto dell’Italia con Germania e Austria e l’appoggio alle “leggi razziali”, poi, furono la goccia che fece traboccare il vaso, e che portò Cherasco, quasi subito, ad abbracciare le idee liberali della Resistenza.
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